se esiste un elemento sottovalutato nelle composizioni grafiche questo è di certo il carattere tipografico o font per dirlo all’inglese (che proviene dal francese medioevale fonte, ovvero [qualcosa che è stato] fuso, con riferimento ai caratteri mobili prodotti per la stampa tipografica, ottenuti versando il metallo fuso nella forma contenente la matrice del singolo carattere).
inizio breve digressione creativa
ma il testo non è solo testo: il testo può diventare immagine come nel caso dell’ASCII ART ad esempio, ho visto lettere duplicate sino a formare texture o pattern come puri elementi decorativi ed esistono poi marchi commerciali composti da sole lettere. quello che voglio dirvi è di prendere in considerazione il fatto che il testo non serve solamente per esser letto.
fine breve digressione creativa
un carattere può piacere o meno in relazione alla sua forma ma è innegabile che caratteri diversi ci restituiscano una lettura differente dello stesso testo.
la regola è trattare il carattere tipografico al pari di un’immagine, come se avesse la stessa importanza. il carattere è comunque materiale visivo e come tale se ne dovrebbe avere estrema cura, al pari di tutti gli altri elementi del progetto che unendosi, insieme vibrano il messaggio finale.
bruno munari afferma che esiste una forma ottimale per ogni tipo di messaggio e suggerisce un esercizio molto semplice per verificare il legame esistente tra forma e contenuto. egli dice: “prendiamo una poesia (forse la più breve) conosciuta: m’illumino d’immenso. proviamo a stamparla in diversi caratteri: in gotico, in corsivo inglese, in romano, in bastone tondo. il significato cambia”.
e figuriamoci cosa possa fare il font unito alla creatività.